«Avvocati nel Futuro: Riflessioni e Rischi dell’Intelligenza Artificiale sulla Professione Legale»

L’impatto dell’intelligenza artificiale sulle professioni legali
L’impatto dell’intelligenza artificiale sulle professioni legali
L’irruzione dell’intelligenza artificiale (IA) sta sicuramente comportando, per molte professioni, un cambiamento la cui portata non possiamo ancora misurare. È indubbiamente la fine di un’era: la tecnologia non accompagna più semplicemente il pensiero, ma pretende di sostituirlo. Gli avvocati non sfuggono a questa rivoluzione tecnologica: sebbene le applicazioni dell’intelligenza artificiale possano facilitare l’esecuzione di alcune attività e accelerare la sacrosanta produttività, rimangono comunque minacce che pesano sia sulla pratica della nostra professione che sulla sua filosofia.
Dal ottobre 2024, il bar di Parigi e un editore giuridico hanno firmato un partenariato destinato a consentire agli avvocati che lavorano in piccole strutture di beneficiare gratuitamente dell’intelligenza artificiale. L’iniziativa è lodevole: consente una forma di recupero tecnologico, considerando che si tratta di uno strumento che ormai è imprescindibile per gli avvocati. Limita la possibilità di una “frattura tecnologica” all’interno della professione, mentre molte strutture accusano già un ritardo significativo. Se il controllo dello strumento può contribuire a ridurre il divario tra le piccole e le grandi strutture, si teme tuttavia che i migliori studi legali continueranno ad avere accesso agli strumenti più avanzati.
Gli avvocati, per motivi economici e di sostenibilità strutturale, devono adattarsi a questo nuovo strumento. In pochi anni, infatti, hanno visto le proprie risorse documentarie fisiche ridursi a favore dei software. Non molto tempo fa, alcuni scrivevano ancora a mano le proprie conclusioni. L’intelligenza artificiale si inserisce in un movimento già in atto, ma non può essere ridotta a una semplice evoluzione.
Il numero di informazioni utilizzate dall’intelligenza artificiale richiede un controllo migliore, il che favorisce, di conseguenza, una specializzazione e quindi una formazione più approfondita. Nel 2023, la stampa ha riportato il caso di un avvocato newyorkese che, nell’ambito di una controversia fra richiedenti e una compagnia aerea, ha citato decisioni che non esistevano: era ChatGPT a creare il riferimento. Se questo caso può far sorridere, illustra perfettamente i limiti dello strumento. Anche la vigilanza di un avvocato è stata ingannata.
L’opinione degli avvocati italiani
Anche in Italia, il dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale nelle professioni legali è acceso. Gli avvocati italiani riconoscono l’utilità dell’IA per semplificare la gestione delle pratiche e velocizzare la ricerca giurisprudenziale, ma esprimono preoccupazioni per la deontologia e l’affidabilità delle informazioni generate.
Secondo l’Unione delle Camere Penali Italiane, l’IA può essere un valido alleato per il trattamento dei dati e la redazione di documenti standardizzati, ma non potrà mai sostituire il ragionamento giuridico umano, fondamentale per interpretare la legge nel contesto specifico di ogni caso.
Inoltre, il Consiglio Nazionale Forense sottolinea l’importanza della formazione continua degli avvocati per un utilizzo consapevole dell’IA, evitando l’affidamento cieco agli strumenti digitali. Un avvocato del Foro di Milano ha dichiarato: “L’intelligenza artificiale può migliorare l’efficienza, ma non può prendere decisioni che richiedono sensibilità e giudizio umano. La nostra professione non è solo una questione di norme, ma di persone.”
Infine, alcuni giuristi mettono in guardia contro il rischio di una dipendenza tecnologica che potrebbe ridurre la capacità analitica dei futuri avvocati. Se le nuove generazioni di professionisti si abituano a delegare le ricerche e le analisi all’IA senza un controllo attento, si potrebbe assistere a una perdita di competenze fondamentali.
In conclusione, mentre l’IA sta già trasformando il settore legale, il suo utilizzo deve essere guidato da principi etici e da una formazione adeguata, per garantire che resti uno strumento al servizio della professione e non un fattore di impoverimento del pensiero giuridico.
Fonte: www.lemonde.fr