Addio Deepseek: l’IA cinese chiude le porte nel Regno di Mezzo

L’IA Cinese Rimosso dagli Store di Google e Apple
L’applicazione di intelligenza artificiale cinese è stata rimossa dagli store di Google e Apple a seguito di interrogazioni da parte dell’autorità italiana di protezione dei dati.
L’intelligenza artificiale (IA) cinese, DeepSeek, che ha fatto tremare i giganti della Silicon Valley non è più disponibile in Italia da mercoledì 29 gennaio sull’App Store di Apple e sul Play Store di Google. Gli utenti hanno ricevuto un messaggio che informa che l’IA non è «attualmente disponibile nel paese o nella regione in cui ti trovi» e che l’applicazione «non è supportata» in Italia, riporta il quotidiano torinese La Stampa.
L’autorità italiana di protezione dei dati ha chiesto alla startup il 28 gennaio informazioni riguardo al trattamento dei dati degli utenti. Il garante dei dati ritiene infatti che «i dati di milioni di italiani siano a rischio» e ha richiesto chiarimenti a DeepSeek sulla natura dei dati personali raccolti, le loro finalità e un eventuale archiviazione su server situati in Cina. Nel 2023, l’autorità italiana aveva anche sospeso le attività dell’IA americana ChatGPT prima che questa si conformasse alla normativa europea.
Archiviazione su Server «in Repubblica Popolare Cinese»
In Irlanda, la commissione per la protezione dei dati ha contattato il 29 gennaio DeepSeek per «richiedere informazioni sul trattamento dei dati effettuato in relazione con le persone coinvolte», riporta il quotidiano britannico The Guardian. La startup cinese non ha ancora risposto alle domande delle diverse autorità.
La politica sulla privacy dell’applicazione indica che raccoglie informazioni, come il numero di telefono, le abitudini degli utenti, l’indirizzo e-mail e il modello del dispositivo utilizzato. L’applicazione specifica che i dati sono archiviati su server «in Repubblica Popolare Cinese». L’IA spiega anche che può condividere questi dati con le autorità pubbliche locali per «conformarsi ai suoi obblighi legali».
Fonte : www.lefigaro.fr
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